mercoledì 16 aprile 2014

MAI PIU A VARALLO GLI ESSERI UMANI TRATTATI COME AUTOMOBILI

MAI PIU A VARALLO GLI ESSERI UMANI TRATTATI COME AUTOMOBILI

Si è concluso ieri al Tribunale di Torino, la causa che l’Asgi e quattro cittadini, hanno aperto contro il Comune di Varallo.
La causa era stata promossa per la rimozione dei cartelli che per 5 anni sono stati affissi all’ingresso in città e che sono stati rimossi e sostituiti con altri soltanto la mattina stessa in cui si teneva la prima udienza.
Nonostante la sostituzione abbiamo chiesto che il Giudice valutasse comunque se per 5 anni alla nostra città era stata inflitta l’offesa di dover sopportare, in  nome dell’amministrazione comunale, cartelli razzisti.
Su questo punto il Giudice ha accolto in pieno la richiesta così decidendo:
“I cartelli originari …erano certamente (e fortemente) discriminatori perché il divieto che dal cartello promanava veniva radicato tramite la focalizzazione del messaggio (tra l’altro , dai forti contenuti anche nelle immagine figurative) soprattutto sulle minoranze femminili ed islamiche; divieto reso ancor più tagliente dall’utilizzo improprio del simbolo del divieto di sosta (riferito a tutte le condotte vietate) che l’art. 158 del codice della strada prevede per i veicoli e non per gli esseri umani”.
Dunque – come ora accertato dal Giudice - per 5 anni una amministrazione comunale ha preteso di trattare esseri umani come automobili e se ne è fatta vanto, ferendo il senso di umanità della nostra comunità.
Siamo soddisfatti che ciò che per molti anni abbiamo sostenuto sia ora sancito da una decisione dell’autorità giudiziaria.
Purtroppo il Giudice ha ritenuto di non poter intervenire sui nuovi cartelli, anche perché l’affissione, essendo intervenuta nel corso del giudizio, non poteva essere considerata nel ricorso che aveva avviato il processo. Ma l’accertamento contenuto nella decisione rende comunque giustizia all’impegno profuso da molti cittadini per ripristinare nella nostra città condizioni minime di umanità e solidarietà.


Marianna Corte
Edoardo Ghelma
Fabio Musati
Maria Rosa Pantè
per l Comitato contro i cartelli razzisti

Varallo 15 aprile 2014




venerdì 11 aprile 2014

5,4,3,2,1, 0 donne?



Grillo tuona contro il PD di Renzi che fa marketing mettendo  capoliste 4 donne attraenti. In realtà le capoliste sono cinque ma siccome una ha 60 anni é stata risparmiata dall'ex comico (nel senso che non fa proprio più ridere). Non voglio tanto entrare nel merito della stile di comunicazione del signor Grillo che fa i comizi a pagamento e che insulta chiunque non la pensi esattamente come lui, inclusi i suoi. Non entro neanche nel merito delle scelte operate dal PD. Non mi compete, sono le scelte del PD. Punto.Gli elettori decideranno se votarlo o meno, stante questi capolista.
Mi piace pero' fare un'analisi puramente numerica, facendo qualche semplicissima ipotesi:

- Se il PD  avesse messo 0 donne capolista, Grillo (o chi per lui) avrebbe tuonato: sono un partito maschilista! Alla prima occasione smentiscono quanto detto in termi di pari opportunità tra generi.
- Se il PD avesse messo 1 donna capolista, Grillo (o chi per lui) avrebbe tuonato: ecco, hanno infilato li' una donna come uno specchietto per allodole. Avrebbero fatto meglio a non metterne affatto allora!
- Se il PD avesse messo 2 donne capolista, Grillo (o chi per lui) avrebbe tuonato: ecco, siamo alle quote rosa, roba da riserva indiana. E' al merito che bisogna guardare, non al genere!
- Se il PD avesse messo 3 donne capolista, Grillo (o chi per lui) avrebbe tuonato: e perché non 4 allora! Che cos'é questa mancanza di coraggio che porta il PD a fare le cose sempre a metà!
- Se il PD avesse messo 4 donne capolista, Grillo avrebbe tuonato quello che abbiamo sentito, visto che lui ne ha contate quattro, dato che il suo contabile era a fare un tagliando al cervello e da solo non ce la fa a contare fino a 5!




mercoledì 2 aprile 2014

Recensione del romanzo breve Twins di Teresa Verde



Prima arriva il linguaggio: periodi cortissimi, quasi una lista di pensieri veloci, niente articoli, verbi con una coniugazione ridottissima. 
Grave ritardo mentale dice dottore vestito da venditore di macchine usate.
E’ il flusso di pensiero della protagonista, Mari, che gira un intero giorno per un grande centro commerciale. A lei piace fotografare femmine con polaroid… Mie polaroid é faccia di femmine  di mondo di cui non faccio parte, come faccia da modella di Lena, la sorella cosi’ diversa da lei che deve incontrare quel giorno.
Spesso descrive per elenchi di attributi : Suo padre é enorme grasso maiale schifoso, puzzava di terra, sperma, metallo fuso, polvere di sparo, cocaina e alcol… Madre magra scimmia con annebbiati occhi come serrature strette e labbra grandi come gommoni.
Con quel linguaggio da ritardata mentale (ma io no ritardata, io solo rifiutato di parlare bene) descrive e seziona il mondo che incontra con flash di sorprendente poesia mischiata a genuina crudezza : Bambina cinese ha occhi chiusi come parentesi ingiù. Sorride mentre guardo lei, succhia lecca lecca gigante. Di futuro lei succhia cosi’ cazzi.

Poi arriva il personaggio : Mari e Lena sono gemelle, due metà di uno stesso nome, ma non potrebbero essere più diverse. Mari, capelli grigi, bocca sottile, alta, gigante di molto peso, cicciona, lardosa, maiala, vacca, forme di corpo confuse con ciccia. Io cesso di merda. Lena é madonna strafiga, lei fata. A Lena dicevano che era bella, brava, aveva sempre tanti uomini. Era la prediletta della madre, che si vestiva come lei. A Mari tiravano gavettoni con pipi’, escrementi gatto. Tutti prende in giro me perché scema e brutta. 

I luoghi, percepiti sempre come estranei, eppure cosi’ precisamente descritti: Ingresso di centro commerciale sembra cattedrale neogotica di san Patrizio. La gente sta entrando con disegno di miraggio di compere su faccia.  
Mari vive in un istituto-prigione per ritardati mentali e le hanno trovato un lavoro da commessa in un supermercato. Mio lavoro brutto e squallido, ma io faccio. Per cash. Quello lo capisce bene, il cash é l’unico valore per tutti: gente no controlla più cose che fa, che dice, che mangia, che crede.
In letto-prigione ho esatta percezione di strada con fermata di tram…Posso sentire distinti rumori, voci, passi e mi vengono pensieri di uccidere.

Infine la storia: Mari, sacco di patate, adesso é felice perché é diventata un killer seriale di donne che assomigliano tutte alla sorella prediletta, quella che lei non vede da anni se non su giornaletto di moda, pornografia di perbene. Adesso ha un’identità, é temuta, e gode nel torturare e ammazzare nei modi più fantasiosi le sue vittime, come faceva da bambina con gatti, cani e conigli. Passa la giornata fotografando commesse e acquirenti del centro commerciale, in attesa di incontrarsi con Lena. Fottutamente felice oggi perché ammazzo donna puttana. Ma no puttana qualunque, lei é mia gemella Lena!

Teresa Verde con Twins ci dà una lezione di patetica crudezza nel raccontare una storia drammatica. Entra nella testa di un folle criminale e ci legge dentro, trovandoci grande umanità, riscatto, sofferenza ed estetica del terrore. Lo fa con sapienza e stile, lo fa senza pietà. Picchiata con mazza, finché tagliato con rasoio suo corpo gonfio di botte e lasciato sanguinare. Non c’é salvezza per nessuno se non la morte, della quale Mari é severa dispensatrice. Non c’é per Lena, non c’é per Mari, anche nel loro ultimo gioco di specchi.
Una prova convincente. Romanzo breve per palati forti, ma non di genere,  a meno che vogliamo considerare la buona letteratura un genere.


http://www.edizionismasher.it/teresaverde.html